Dott. Giuseppe Fioritoni specialista in Ematologia
Nozioni divulgative sulle principali malattie del sangue
Definizione
Le Mielodisplasie (MDS) sono un gruppo eterogeneo di malattie, molto diverse tra di loro sia per il quadro clinico sia per la gravità e le aspettative di vita. Sono caratterizzate da un danno delle cellule progenitrici delle cellule del sangue periferico che determina una alterazione numerica e funzionale dei globuli bianchi, dei globuli rossi e delle piastrine (displasia). Insorgono tipicamente in soggetti anziani, ma in minima percentuale si possono riscontrare anche in età più giovanile. Le Mielodisplasie si possono classificare in primitive (cioè senza una causa apparente) o secondarie a trattamenti chemioterapici e/o radioterapici.
Classificazione
Secondo la Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) le mielodispasie vengono divise in gruppi in base al numero di blasti (cellule leucemiche) presenti nel sangue periferico e nel midollo osseo, alla displasia delle cellule ed alla presenza di anomalie cromosomiche peculiari.
Vengono così suddivise in:
- MDS con displasia unilineare (la displasia coinvolge solo la linea dei globuli rossi, o dei globuli bianchi o delle piastrine)
- MDS con displasia multilineare (tutte le linee cellulari hanno displasia)
- MDS con sideroblasti ad anello (i precursori dei globuli rossi midollari presentano particolari granuli di ferro)
- MDS con l’alterazione 5q- isolata del cromosoma
- MDS con eccesso di blasti di tipo I ( i blasti midollari sono <10%)
- MDS con eccesso di blasti di tipo II ( i blasti midollari sono <20%)
- MDS inclassificabile
Sulla base del numero dei blasti nel midollo osseo, del numero delle citopenie del sangue periferico e delle anomalie citogenetiche possiamo suddividere le Mielodisplasie in forme cosiddette a basso rischio e forme a rischio elevato di evoluzione leucemica.
Sintomatologia e decorso.
I sintomi sono strettamente legati alla carenza numerica e funzionale delle cellule del sangue periferico. A seconda dei casi si può avere anemia e/o leucopenia e/o piastrinopenia. L’anemia si manifesta con stanchezza, pallore, palpitazioni cardiache, affanno. La leucopenia (diminuzione dei globuli bianchi) può comportare febbre più o meno elevata ed infezioni. La piastrinopenia (diminuzione delle piastrine) può favorire le emorragie, con petecchie ed ecchimosi, epistassi e gengivorragie e rischio di emorragie interne. A seconda della gravità del quadro ematologico e clinico, le mielodisplasie possono richiedere solo controlli periodici ambulatoriali o trattamenti in regime di ricovero. Queste malattie, in un tempo molto variabile che va da pochi mesi ad alcuni anni, possono aggravarsi e spesso evolvere in leucemia acuta.
Terapia.
Le Mielodisplasie sono malattie croniche non guaribili, ad eccezione dei casi di soggetti più giovani candidabili al trapianto di midollo osseo allogenico. Nelle forme meno gravi, cosiddette a basso rischio di evoluzione leucemica, si impiegano vitamine (ac. Folico, vit. B6), androgeni e soprattutto l’eritropoietina ricombinante che è in grado di stimolare efficacemente il midollo osseo e di aumentare la produzione dei globuli rossi. Nei casi di malattia cosiddetta ad alto rischio di evoluzione leucemica, in cui sono presenti cellule leucemiche nel sangue e nel midollo osseo, è indicata la chemioterapia con farmaci demetilanti ( 5-Azacitidina,Decitabina ) o con ARA-C a basse dosi o la combinazione di Daunoblastina e Citosina-Arabinoside (ARA-C ) a medie dosi nei soggetti più giovani.
La terapia di supporto trasfusionale costituisce un presidio terapeutico insostituibile nella cura di queste patologie. Quando i valori emoglobinici scendono al di sotto degli 8gr/dl si eseguono emotrasfusioni di globuli rossi concentrati; quando le piastrine scendono al di sotto delle 10-20.000/µl, in presenza di manifestazioni emorragiche, si trasfondono concentrati di piastrine. Solo in caso di infezioni si può utilizzare il fattore di crescita granulocitario per cercare di aumentare il numero dei granulociti circolanti.
Nei soggetti più giovani, in risposta ematologica alla chemioterapia, nei soggetti con età > ai 65 anni e senza gravi patologie associate, il trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche, se possibile, può costituire una opportunità di guarigione definitiva.