Definizione.
I linfomi sono un gruppo molto eterogeneo di neoplasie che derivano dalla trasformazione maligna dei linfociti normali presenti soprattutto nei linfonodi, nel midollo osseo ma anche in tutti gli altri organi del nostro corpo che contengono linfociti. Il linfocita è una cellula essenziale per il nostro sistema immunitario che contribuisce a proteggerci da agenti esterni. Se ne riconoscono due tipi che, in base alla localizzazione del loro sviluppo, vengono chiamati B (sviluppo nel midollo osseo) o T (sviluppo nel timo). Per ragioni genetiche (comparsa di mutazioni del DNA) i linfociti patologici, oltre a perdere la loro funzione, possono acquisire la capacità di proliferare in modo incontrollato invadendo e sovvertendo la struttura dei linfonodi o di altri organi, sia linfatici (midollo, milza, ecc.), sia extra-linfatici (cute, polmoni, sistema nervoso centrale, stomaco, fegato ecc.) generando così il Linfoma.
I fattori che possono dare origine alla malattia sono in gran parte sconosciuti, tuttavia è noto che infezioni virali o batteriche, così come alcune malattie croniche, aumentano il rischio di sviluppare un linfoma.
I Linfomi si possono suddividere in due gruppi:
- Linfoma di Hodgkin, dovuto alla trasformazione dei linfociti B
- Linfoma non Hodgkin, in cui possono essere coinvolti entrambe le tipologie di linfociti (B e T).
Dal punto di vista delle modalità di progressione della malattia e della strategia di cura distinguiamo:
- Linfoma indolente che ha una lenta progressione
- Linfoma aggressivo che, al contrario, evolve rapidamente.
I linfomi si presentano con una maggiore frequenza nei soggetti maschi e nella fascia di età 60-80 anni, ad eccezione del Linfoma di Hodgkin che colpisce in prevalenza giovani tra i 15 e i 35 anni. I progressi della ricerca in questo campo hanno consentito buone possibilità di cura per le diverse tipologie di Linfoma con significativa riduzione della mortalità.
Sintomi
Il segno clinico più frequente è l’aumento di volume di uno o più linfonodi, facilmente apprezzabile quando sono interessate le stazioni linfatiche superficiali. In molti casi possono essere presenti sintomi cosiddetti sistemici di malattia, quali febbre non spiegabile con altre cause, dimagrimento, sudorazioni notturne profuse, prurito, affaticamento. Tuttavia questi sintomi non sono esclusivi del linfoma e pertanto debbono essere valutati accuratamente dallo specialista ematologo.
Diagnosi.
In presenza di aumento di volume dei linfonodi è necessario raccogliere dettagliatamente la storia clinica del paziente. Particolare attenzione deve essere posta nel rilievo dei sintomi soggettivi eventualmente presenti e nella esplorazione di tutte le stazioni linfonodali superficiali, del fegato e della milza. Sono necessari esami ematochimici per escludere altre malattie dei linfonodi benigne (sarcoidosi, mononucleosi, toxoplasmosi ecc.).
La diagnosi della certezza di linfoma si fonda sulla biopsia del linfonodo o del midollo osseo o degli altri organi extra-linfatici interessati.
Nei casi in cui venga formulata la diagnosi di linfoma, è necessario effettuare la stadiazione della malattia, ovvero bisogna definire il grado di diffusione del linfoma per impostare la terapia più corretta. Per studiare i linfonodi profondi toraco-addominali e gli organi interni in cui eventualmente può essere localizzata la malattia si possono eseguire la Tomografia assiale computerizzata (TAC) con mezzo di contrasto, e più recentemente trova grande consenso la TAC-PET, ovvero la combinazione di una procedura TAC con una scintigrafia total body ad emissione di positroni. Questo esame consente di stadiare più correttamente la malattia ed è particolarmente utile nella valutazione della risposta alla terapia e nei controlli successivi di follow-up. Altra procedura indispensabile è la biopsia osteo-midollare, eseguita nella cresta iliaca posteriore in anestesia locale.
Di volta in volta possono essere indicate altre indagini e procedure quali ecografie, risonanza magnetica nucleare, scintigrafie, endoscopie, biopsie di altri organi.
I risultati di tutte queste procedure diagnostiche permetteranno di definire lo stadio clinico del linfoma.
Gli stadi clinici dei linfomi sono quattro e variano a seconda del numero e delle sedi linfonodali interessate:
- 1° stadio: interessamento di una singola stazione linfonodale o di un singolo organo non linfatico.
- 2°stadio: interessamento di due o più stazioni linfonodali sopradiaframmatiche o sottodiaframmatiche.
- 3°stadio: interessamento di due o più stazioni linfonodali sia sopra che sotto diaframmatiche.
- 4° stadio: interessamento esteso di uno o più organi non linfatici con o senza malattia linfonodale.
Tipologia e trattamento
Come già detto è fondamentale la prima distinzione tra Linfoma di Hodgkin e Linfomi non Hodgkin. Sia la strategia terapeutica da attuare che la prognosi dipendono dalla tipologia di malattia e dalla sua velocità di progressione.
Il Linfoma di Hodgkin è un’entità a sé stante per alcune peculiarità, quali la tendenza ad esordire in stadio per lo più iniziale e a diffondersi in maniera “prevedibile” verso le stazioni linfonodali prossime a quelle di esordio; la localizzazione iniziale in organi non linfatici è poco frequente.
Si distinguono 4 varianti istologiche che possono avere una prognosi differente.
La cura del Linfoma di Hodgkin si fonda prevalentemente sulla chemioterapia, a volte associata alla radioterapia. L’intensità del trattamento è correlato allo stadio clinico di malattia e quindi più intenso negli stadi 3° e 4° ed in quelli con sintomi sistemici. Complessivamente il 70 % dei pazienti può guarire da questa malattia e le probabilità sono maggiori per gli stadi iniziali.
I Linfomi non Hodgkin raggruppano un numero di oltre 30 neoplasie differenti istologicamente, per comportamento clinico e per sensibilità alle cure. Sin dall’esordio sono frequentemente interessate molteplici stazioni linfonodali e quindi i linfomi non Hodgkin sono prevalentemente in 3° e 4° stadio.
Vengono suddivisi in linfomi a bassa malignità o indolenti eforme ad alta malignità, ovvero aggressivi. I primi sono caratterizzati da un lento decorso, spesso asintomatico, con una sopravvivenza media di vari anni, a volte anche senza alcun trattamento.
I secondi, invece, hanno una evoluzione aggressiva con esito rapidamente infausto se non si attua la terapia. I linfomi non Hodgkin sono neoplasie altamente sensibili alla chemio ed alla radioterapia. Il trattamento varia in relazione al tipo di linfoma ed alla presenza di alcuni fattori prognostici sfavorevoli (stadio clinico avanzato, grado di malignità, sintomi sistemici, LDH elevato, età avanzata) che rendono la prognosi più severa.
Le opzioni terapeutiche sono molteplici, con casi in cui inizialmente può essere sufficiente solo una vigile osservazione (linfomi a bassa malignità indolenti e senza fattori di prognosi sfavorevole) e casi in cui l’estensione e l’aggressività della malattia richiedono un trattamento urgente e intensivo.
Le armi terapeutiche a disposizione nel trattamento dei linfomi non Hodgkin sono la chemioterapia, la radioterapia, l’immunoterapia, il trapianto di midollo osseo.
Generalmente il programma di cura prevede l’impiego combinato di una chemio-immunoterapia, ovvero la combinazione di Rituximab (anticorpo monoclonale anti-CD-20) in associazione a farmaci antitumorali. Questi trattamenti possono combinarsi con la radioterapia o con il trapianto autologo di cellule staminali. Nei linfomi non Hodgkin ad alto grado la terapia può portare a guarigione oltre il 60% dei pazienti.
I Linfomi a basso grado di malignità rispondono bene alle cure, hanno in genere remissioni anche di lunga durata, ma tendono alla recidiva e l’eradicazione della malattia e quindi la guarigione restano un obiettivo difficile da raggiungere. Il trapianto di midollo osseo allogenico è indicato solo in particolari situazioni cliniche di malattia avanzata resistente alle cure tradizionali.